giovedì 25 agosto 2016

Parafrasi di una storia comune - Prologo

Circe, ormai sfiorita, lascia cadere quel che le resta di bello dagli occhi. Inutilmente e per nessuno. E intanto continua svogliati incantesimi sbagliandone i tempi: trasforma porci in porci. Nel mentre giovani naufraghi le sollevano le gonne e si prendono gioco di lei. 
Ulisse, ormai dimentico di se, siede di nuovo ai suoi piedi. Ha capelli radi e bianchi, lo sguardo fisso nel vuoto, un sorriso ebete e un filo di bava alla destra della bocca. Ogni tanto improvvisa un'erezione che presto si spegne in un patetico tentativo di amplesso. 
Penelope pensa di aspettarlo ancora, anche se forse non è così. Siede al suo trono senza più occhi e dirige le orbite vuote verso il mare. Non ha più tele da tessere, i Proci sono morti d'inedia. Strappa invece ciuffi di peli al vecchio cane Argo come fossero petali di margherita: m'ama (lui dice), ma non m'ama, ogni volta che torna è solo per poter ripartire. 

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